In questi giorni è in corso una forte polemica sulla tesi che due ricercatori italiani hanno pubblicato sul Journal of Medical Ethics: la presunta legittimità dell’aborto post-nascita. Il servizio di Massimo Pittarello.
Radio Vaticana - Potrebbe essere solo una provocazione, ma anche un nuovo tentativo di spostare in avanti il limite dell’arbitrio umano sulla vita e sulla morte. Per la legge degli uomini un tempo anche l’embrione era sacro, poi soltanto il feto. Negli Stati Uniti si è passati a togliere la vita, un istante prima del parto. Due ricercatori italiani, Francesca Minerva e Alberto Giubilini hanno pubblicato sul Journal of Medical Ethics una nuova tesi: la legittimità dell’aborto post nascita, secondo l’idea che l’infanticidio sia come l’aborto. Non resta che aspettarci che qualcuno rilanci il racconto “Pre-persone” di Philip K. Dick in cui ciò che rendeva un individuo tale era la capacità di ragionare, con la possibilità di essere uccisi fino al compimento dei 12 anni. Tesi che il filosofo Micheal Tooley nel 1972 sintetizzava con la definizione di persona come “soggetto in grado di porre degli scopi”. Il che, a rigor di logica, potrebbe voler ammettere la liceità del’assassinio di chi dorme, di chi è in coma, o di chi scopi non ne ha. Ne parliamo con Don Roberto Colombo, bioeticista e biologo dell'Università Cattolica di Milano:
R. - Equiparare l’infanticidio all’aborto è l’esito dell’accettazione di un’idea - contraria alla ragione - che la vita umana non è un bene in se stessa, ma acquista la natura di bene solo se possiede determinate qualità o quantità. È una tesi pericolosa, assai più del razzismo e della xenofobia: affermare che “persone umane, uomini e donne non si nasce ma si diventa solo a certe condizioni”, costituisce la più grave discriminazione individuale e sociale, che la storia conosca, perché non colpisce soltanto una parte dell’’umanità, ma ferisce tutti gli esseri umani, dal momento che tutti noi siamo o siamo stati neonati e bambini.
D. - Secondo lei, è una provocazione, oppure è una tesi che, ad esempio negli Stati Uniti, potrebbe essere presa in considerazione?
R. - Il bioeticista australiano Peter Singer, assai più noto dei due autori italiani dell’articolo, sostiene da anni, che dovremmo tornare alla prassi dell’uccisione dei neonati indesiderati dai genitori. Singer ammette che i cristiani furono i soli a respingere con forza l’infanticidio, così come l’aborto, ma aggiunge: “Perché mai dovremmo credere che essi siano dalla parte della ragione e che i pagani, invece, abbiano avuto torto?”. direi che siamo di fronte a spallate culturali e derive morali preoccupanti. Il vento che questi autori soffiano non è solo post-cristiano o anti-cristiano, ma può essere definito neopagano, nel senso di una cancellazione della ragione illuminata dalla Fede, su cui è stata costruita l’intera civiltà occidentale.
D. - A questo punto cos’altro dobbiamo aspettarci? Un futuro con uno scenario di selezione umana eugenetica?
R. - Dietro a queste aberranti proposte, si trova una spinta verso una prospettiva eugenetica della vita, cioè quella di una società selezionata e costruita sulla base di determinati criteri. Ma troviamo altresì una debolezza delle nostre civiltà occidentali: quella di non saper aiutare le famiglie in difficoltà, in particolare le donne, ad accogliere la vita che hanno generato.
D. - Secondo questa ipotesi, ma sempre più spesso, c’è la tendenza a considerare la donna come “un automa”, quasi privo di coscienza morale…
R. - La coscienza morale della donna, come quella di ciascun essere umano, deve essere valorizzata e stimata. Non si può pensare che la madre sia semplicemente il contenitore di un figlio in crescita per nove mesi, o colei che lo dà alla luce; ma è un soggetto, la cui libertà è interpellata da una vita che essa ha generato. Questa libertà deve essere accompagnata, sostenuta ed educata, a partire dalla prima infanzia, cioè da quando la donna inizia a prendere coscienza di ciò che essa è e sarà. (bi)
Fonte: http://www.laperfettaletizia.com/2012/03/nuove-agghiaccianti-frontiere-di.html
Radio Vaticana - Potrebbe essere solo una provocazione, ma anche un nuovo tentativo di spostare in avanti il limite dell’arbitrio umano sulla vita e sulla morte. Per la legge degli uomini un tempo anche l’embrione era sacro, poi soltanto il feto. Negli Stati Uniti si è passati a togliere la vita, un istante prima del parto. Due ricercatori italiani, Francesca Minerva e Alberto Giubilini hanno pubblicato sul Journal of Medical Ethics una nuova tesi: la legittimità dell’aborto post nascita, secondo l’idea che l’infanticidio sia come l’aborto. Non resta che aspettarci che qualcuno rilanci il racconto “Pre-persone” di Philip K. Dick in cui ciò che rendeva un individuo tale era la capacità di ragionare, con la possibilità di essere uccisi fino al compimento dei 12 anni. Tesi che il filosofo Micheal Tooley nel 1972 sintetizzava con la definizione di persona come “soggetto in grado di porre degli scopi”. Il che, a rigor di logica, potrebbe voler ammettere la liceità del’assassinio di chi dorme, di chi è in coma, o di chi scopi non ne ha. Ne parliamo con Don Roberto Colombo, bioeticista e biologo dell'Università Cattolica di Milano:
R. - Equiparare l’infanticidio all’aborto è l’esito dell’accettazione di un’idea - contraria alla ragione - che la vita umana non è un bene in se stessa, ma acquista la natura di bene solo se possiede determinate qualità o quantità. È una tesi pericolosa, assai più del razzismo e della xenofobia: affermare che “persone umane, uomini e donne non si nasce ma si diventa solo a certe condizioni”, costituisce la più grave discriminazione individuale e sociale, che la storia conosca, perché non colpisce soltanto una parte dell’’umanità, ma ferisce tutti gli esseri umani, dal momento che tutti noi siamo o siamo stati neonati e bambini.
D. - Secondo lei, è una provocazione, oppure è una tesi che, ad esempio negli Stati Uniti, potrebbe essere presa in considerazione?
R. - Il bioeticista australiano Peter Singer, assai più noto dei due autori italiani dell’articolo, sostiene da anni, che dovremmo tornare alla prassi dell’uccisione dei neonati indesiderati dai genitori. Singer ammette che i cristiani furono i soli a respingere con forza l’infanticidio, così come l’aborto, ma aggiunge: “Perché mai dovremmo credere che essi siano dalla parte della ragione e che i pagani, invece, abbiano avuto torto?”. direi che siamo di fronte a spallate culturali e derive morali preoccupanti. Il vento che questi autori soffiano non è solo post-cristiano o anti-cristiano, ma può essere definito neopagano, nel senso di una cancellazione della ragione illuminata dalla Fede, su cui è stata costruita l’intera civiltà occidentale.
D. - A questo punto cos’altro dobbiamo aspettarci? Un futuro con uno scenario di selezione umana eugenetica?
R. - Dietro a queste aberranti proposte, si trova una spinta verso una prospettiva eugenetica della vita, cioè quella di una società selezionata e costruita sulla base di determinati criteri. Ma troviamo altresì una debolezza delle nostre civiltà occidentali: quella di non saper aiutare le famiglie in difficoltà, in particolare le donne, ad accogliere la vita che hanno generato.
D. - Secondo questa ipotesi, ma sempre più spesso, c’è la tendenza a considerare la donna come “un automa”, quasi privo di coscienza morale…
R. - La coscienza morale della donna, come quella di ciascun essere umano, deve essere valorizzata e stimata. Non si può pensare che la madre sia semplicemente il contenitore di un figlio in crescita per nove mesi, o colei che lo dà alla luce; ma è un soggetto, la cui libertà è interpellata da una vita che essa ha generato. Questa libertà deve essere accompagnata, sostenuta ed educata, a partire dalla prima infanzia, cioè da quando la donna inizia a prendere coscienza di ciò che essa è e sarà. (bi)
Fonte: http://www.laperfettaletizia.com/2012/03/nuove-agghiaccianti-frontiere-di.html
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