domenica 9 ottobre 2011

La Regina Margherita e gli Armeni

Curiosità  italo-armene


            Chiunque abbia assistito, prima del 1975, ad una S. Messa nella chiesa dell’isola di S. Lazzaro degli Armeni, a Venezia, avrà sicuramente notato una pesante tenda di pregiato broccato rosso ed oro che separava l’abside dalla navata. Su di essa, sormontata da una corona dorata, campeggiava una striscia, dello stesso prezioso tessuto, con la seguente scritta: “Margherita di Savoia, regina madre d’Italia, ai Padri Mechitaristi nel secondo centenario della loro fondazione MCMI”.
            Poi, in seguito allo spaventoso incendio che nel 1975 colpì non solo la chiesa, ma anche restanti parti dell’isola,  questa tenda andò distrutta. Dietro di essa non vi era solo l’abside, ma tutta una storia di simpatia ed amicizia che ebbe protagonisti Margherita di Savoia (1851+1926) - la prima regina d’Italia,  moglie del re Umberto e madre del re Vittorio Emanuele III°- ed i padri Mechitaristi.
            Va qui ricordato che la regina Margherita, novella sposa dell’allora principe ereditario Umberto di Savoia, nel 1868, nel corso del suo viaggio di nozze, giunta a Venezia -forse memore del fatto che i re di Sardegna,prima, e  d’Italia, poi,  fra i vari titoli avevano anche quello di re d’Armenia- volle recarsi a S. Lazzaro ove arrivò a bordo di un battello a vapore sospinto da due ruote laterali che non potendosi avvicinare più di tanto all’ottagono dell’isola, fu costretto a fermarsi ed a trasbordare l’illustre passeggera su una barca che le permise di scendere a terra dove fu accolta dall’abate Giorgio Hürmüz (1797+1876) e dagli altri padri che le fecero da Cicerone per tutta l’isola. Da lì iniziò l’amicizia della futura regina con i padri armeni.
Non mancò occasione che la regina, trovandosi a Venezia, non si recasse a far visita a S. Lazzaro. Una volta, passando vicino all’isola, attratta dal solenne scampanio delle campane in occasione di una funzione religiosa, volle scendere e, ordinando di non annunciarla, si recò in chiesa e, preso posto nell’ultimo banco, vi restò fino alla fine della cerimonia, nonostante che i padri, accortisi della sua presenza, l’avessero inutilmente. invitata a prendere posto vicino all’inginocchiatoio dell’abate.
            Il 14 luglio 1883 un terribile incendio devastò gran parte degli edifici dell’isola di S. Lazzaro. Neanche un mese dopo, il 10 agosto, la regina Margherita volle personalmente recare conforto ai padri così duramente colpiti. Dopo aver assistito alla S. Messa, si recò nella biblioteca ove si trattenne per circa un’ora parlando con ognuno dei padri ed osservando le pubblicazioni recenti della loro tipografia. Prima di prendere commiato scrisse di suo pugno sull’albo d’oro del convento, le seguenti righe: “ Dio che sempre protegge lo spirito di Carità unito al lume dell’intelligenza, ha protetto i Padri Armeni in questa ultima dolorosa vicenda. Ne sono grati al Signore tutti gli amici sinceri di questo pio istituto fra i quali prima si firma Margherita.”
            Ma le dimostrazioni di affetto nei confronti della Congregazione Mechitarista non si esaurirono con queste parole o con la tenda di cui si è detto in precedenza. La regina Margherita fece anche altri doni a S. Lazzaro; per esempio un lampadario, posto presso l’altare dedicato alla Madonna ed un pregevole cuscino, ornato di pietre preziose, che trovava sempre sul suo inginocchiatoio allorquando faceva visita a S.Lazzaro.
            La regina nutriva una particolare benevolenza nei confronti dell’abate Ignazio Gurekian (1833+1921) il quale la onorava, ad ogni sua visita, con una Messa solenne alla quale seguiva una conversazione amichevole con i padri ai quali rivolgeva domande riguardanti la loro attività educativa e pastorale. Poi le venivano offerte la famosa marmellata di rose ed alcune delle pubblicazioni recenti della tipografia. Una volta, dopo aver ricevuto in dono un libro del padre Leonzio Aliscian (1820+1901) , si interessò alla sua attività e gli chiese come mai era riuscito a pubblicare così tante opere, al che l’erudito ed umile sacerdote le rispose “Ho trovato, come un gatto, un posto caldo, come avrei potuto non scrivere?”.
            Un’altra volta le fu regalato il “Dizionario dei mestieri e delle scienze” del padre Manuel Kaciunì (1823+1903). Nel corso della visita successiva, la regina, ringraziando per il dono ricevuto, fece presente che i suoi tentativi di leggerlo, essendo scritto in armeno, erano stati infruttuosi e propose di scrivere una grammatica armena ad uso degli italiani. Poco dopo, per mano del padre Attanasio Tiroyan (1857+1926), fu pubblicata, nel 1902 una grammatica armena che, come recita uno scritto al suo inizio, fu dedicata alla regina che ne ricevette una copia lussuosamente rilegata. Un’ altra pubblicazione, e cioè la partitura dei canti liturgici armeni, fu ugualmente dedicata alla regina che, evidentemente apprezzava molta la musica sacra armena. Si narra infatti che ne fosse molto attratta e che apprezzasse particolarmente la voce melodiosa del padre Lazzaro Serabionan (1887+1960) allorquando assisteva a funzioni nel corso delle quali egli cantava.
            L’anno successivo all’uccisione del re Umberto ,avvenuta nel 1900, la regina Margherita si recò a S.Lazzaro, ove l’abate celebrò una Messa di requiem per il defunto e la regina ne fu particolarmente toccata tanto da ricordarlo in epoca successiva.
            In seguito  alla sua morte, avvenuta a Bordighera il 4 gennaio 1926, i padri Mechitaristi, come pure la piccola comunità armena di Venezia, furono sinceramente addolorati ed espressero la loro partecipazione con una solenne Messa di requiem ed un toccante telegramma, inviato da parte dei padri e della colonia armena di Venezia al primo aiutante di campo del re suo figlio.

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